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Codice appalti, come cambia: gare semplificate e revisione automatica dei prezzi
              

Spetterà alla neo premier, Giorgia Meloni, e al neo vice e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini decidere

cosa fare del nuovo codice degli appalti che Mario Draghi, nel passaggio di consegne, ha affidato al nuovo governo, rivendicando il rispetto dei tempi, per un atto chiesto a gran voce dal mondo delle imprese e dal quale dipenderà anche il buon esito della realizzazione delle opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. La legge delega sulla revisione del codice assegnava al Consiglio di Stato il compito di redigere la bozza di decreto legislativo. Un compito tecnico di grande complessità svolto da una commissione del Consiglio guidata da Luigi Carbone. Giovedì scorso il presidente della Suprema magistratura amministrativa, Franco Frattini, ha consegnato lo schema di nuovo codice a Draghi.

Semplificazione
Come ha spiegato lo stesso Carbone sul Sole 24 ore, «alla base del progetto stanno i principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato». Il nuovo codice è più snello del precedente di un 30% ed è «autoapplicativo», contiene cioè in sé i regolamenti attuativi. Obiettivi della riforma: semplificare e velocizzare le procedure; ottenere il miglior rapporto qualità-prezzo dell’opera; un sistema di regole e di responsabilità definite, così da superare la sindrome della firma, che spesso ha rallentato o bloccato l’apertura dei cantieri. Dice ancora Carbone, «si valorizza il partenariato pubblico privato, rendendo i contratti più solidi e aumentando la bancabilità».

Tra le principali novità ci sarebbe anche l’introduzione di un sistema di revisione automatica dei prezzi sul modello francese, accogliendo così una richiesta dei costruttori, alle prese con il continuo aumento delle materie prime, alle quali il governo Draghi ha risposto con provvedimenti ad hoc e lo stanziamento di 7 miliardi. Inoltre, la riforma cancella il più possibile il cosiddetto gold-plating, ovvero le regole aggiunte a quelle minime previste dalle direttive comunitarie. Si punta anche sulla digitalizzazione di tutte le fasi d’appalto, a garanzia della trasparenza e contro i fenomeni corruttivi.

Clausola sociale e termini
Lo schema di decreto legislativo contiene anche una serie di norme a tutela dei lavoratori, a partire dalla clausola sociale, che difende l’occupazione nei casi di subappalto, per finire con l’applicazione dei contratti di categoria firmati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative, così da evitare gli accordi «pirata». A tutela delle imprese, oltre al meccanismo di revisione prezzi, anche le norme sulle offerte anomale e la qualificazione degli operatori. Se il governo Meloni deciderà di portare avanti la delega, lo schema di decreto legislativo verrà sottoposto alla Conferenza Stato-Regioni, che avrà 30 giorni per approvarlo. A quel punto il provvedimento potrebbe essere varato dal Consiglio dei ministri e inviato alle commissioni parlamentari competenti per i pareri e infine tornare in Consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva e l’entrata in vigore della riforma, che deve avvenire entro il 31 marzo 2023, secondo quanto stabilito dal Pnrr. Tempi stretti, dunque, soprattutto se il governo volesse rimettere mano al testo del Consiglio di Stato. Testo che adempie a una delega approvata da un governo e da un Parlamento rispetto ai quali Fratelli d’Italia era all’opposizione mentre Salvini e la Lega invocavano la pura e semplice abolizione del codice degli appalti, a favore del «modello Genova»

 

              

 

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